Storia dell’Accademia
La fondazione
Nata nel 1525 l´Accademia degli Intronati assunse questo nome a significare il desiderio dei fondatori di ritirarsi dai rumori del mondo, dai quali erano come sbalorditi (intronati, appunto), per dedicarsi alle commedie e agli studi di lingua e letteratura.
L´origine degli Intronati va collocata in quella fioritura culturale che caratterizzò la Siena del primo Cinquecento, capace di far registrare la presenza di oltre trenta accademie cittadine. Alcune di queste sicuramente rintracciabili anche nell´ultimo scorcio del Quattrocento, come l´Accademia Grande.
Animata da alcuni docenti dello Studio senese, secondo certa bibliografia, sarebbe alle origini degli stessi Intronati, ma in realtà le due Accademie avevano un impronta molto diversa: l´Accademia Grande, il cui motto era Sapiens dominabitur astris, sembra caratterizzarsi per una marcata impronta conservatrice, con il suo allinearsi passivamente alle posizioni della dottrina tolemaica e aristotelica, mentre quella degli Intronati si caratterizza per una impostazione opposta.
Fu uno dei fondatori degli Intronati, Antonio Vignali detto l´Arsiccio, autore della scandalosa Cazzaria e figura spesso accostata dalla bibliografia a François Rabelais, a dare all´Accademia un´impresa: una zucca per conservare il sale con sopra due pestelli posti in croce ed il motto Meliora latent, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio.
La zucca, aperta sul davanti, stava ad esprimere il frutto che tende all´alto e conserva nel suo interno, preservandolo dall´umidità, il sale, la più necessaria delle sostanze, simbolo di intelligenza e di acume, triturato e raffinato dai pestelli, cioè dall´intelligenza e dallo studio.
Sei furono le primitive leggi dell´Accademia: Deum colere – Studere – Gaudere – Neminem lædere – Nemini credere – De mundo non curare.
Come risulta dai Capitoli del 1532, l´Accademia era presieduta dall´Archintronato, che durava in carica due mesi, ed eleggeva due Consiglieri, i quali in sua assenza lo surrogavano con pienezza di poteri. Venivano eletti anche un Censore, un Lettore, che doveva «due giorni avanti alle adunanze proporre a ciascun accademico quello che avesse particolarmente a leggere», un Cancelliere, un Tesoriere; sei Onorari, che avevano mansioni di cerimonieri dell´Accademia e, infine, sei «Censori majali», nominati nella seconda domenica di maggio, anniversario della fondazione dell´Accademia, «per correggere, polire e ridurre tutte le opere che fossero state composte, a quella delicatezza che fosse possibile».
Inoperosa durante gli ultimi anni della Repubblica senese, l´Accademia riprese i suoi esercizi nel 1559. Chiusa insieme a tutti gli altri sodalizi senesi nel 1568 dal nuovo signore Cosimo I de´ Medici, che guardava alle accademie senesi come possibili focolai di resistenza e di sovversivismo repubblicano, l´Accademia riaprì il 14 dicembre 1603.
I tabelloni
Con questo termine si indicano tre tavole di diverse dimensioni, dipinte in monocromo sullo sfondo di un gran manto reale, con decorazioni allegoriche, che inquadrano nomi e appellativi degli Accademici, e i simboli di altre Accademie.
I soprannomi, assegnati dall’Archintronato, potevano essere elogiativi o ironici, come si rileva da questa sintetica scelta : monsignor Claudio Tolomei il Sottile, papa Marcello Cervini il Rigido, Antonio Vignali l’Arsiccio, Fabio Piccolomini lo Sciapito, Achille d’Elci l’Affumicato, Giulio Vieri lo Svagolato, Adriano Fondi il Piluccone, Girolamo Gigli l’Economico, Pandolfo Spannocchi l’Albagioso, Alessandro Sozzini il Cavilloso, Ippolito Petrucci l’Imbrunito, papa Alessandro VII il Guardingo, Francesco Chigi il Disadatto, Pirro Maria Gabbrielli l’Indovino, Lelio Piccolomini lo Schizzinoso, Giulio del Taia il Linguacciuto. Nei tabelloni compaiono anche nomi di donne ammesse all’Accademia, come Maria Fortuna l’Armonica e Maria Luisa Cicci, l’Incognita. Il più grande contiene 1.005 nomi, il secondo 141 e il terzo 723, per un totale di 1869.
I tre tabelloni si trovano nelle sale contigue all’attuale sede dell’Accademia, utilizzate come uffici comunali, ed è previsto un loro restauro per recuperare le parti danneggiate e garantire la migliore conservazione.
La gestione del Teatro
Nel 1654 gli Intronati assorbirono un´altra accademia senese, quella dei Filomati, nata anch´essa nel secolo precedente. Con questa fusione gli Intronati vennero in possesso del teatro costruito nella Sala grande del Consiglio nel Palazzo Pubblico di Siena, che Mattias de´ Medici aveva concesso ai Filomati fin dal 1647.
Da allora, per tutto il corso dei secoli XVII e XVIII l´attività dell´Accademia fu rivolta anche alla gestione del teatro, alla messa in scena di composizioni comiche e drammatiche e all´organizzazione delle stagioni destinate all´apertura del teatro pubblico.
Un´attività che comunque non occupò più di tanto gli spazi di quella elaborazione intellettuale sui più svariati temi della letteratura e dell´erudizione che fu portata avanti da accademici intronati illustri come Ludovico Sergardi, noto col nome di Quinto Settano, Uberto Benvoglienti, erudito collaboratore di Ludovico Antonio Muratori, come Girolamo Gigli, Bernardino Perfetti, Giovanni Antonio Pecci. Non va dimenticato, nel contesto di un prestigio che travalicava certamente le mura di Siena, che accademico Intronato fu Voltaire.
Dopo una serie di incendi e di conseguenti ricostruzioni, rese possibili dall´intervento finanziario del Granduca di Toscana, il teatro dell´Accademia, detto «Teatro Grande», subì gravissimi danni il 26 maggio del 1798, in seguito a quel terremoto che, di fatto, avrebbe cambiato il volto della città. Gli Intronati ricorsero di nuovo per aiuto al Granduca, ma stavolta Ferdinando III non aderì alle loro richieste e ordinò che la ricostruzione del teatro fosse a carico dei proprietari dei palchi. I palchettanti, costituiti in corpo accademico col nome di «Rinnovati» si obbligarono nel 1802 a mantenere il teatro e a darvi dei pubblici spettacoli. Gli Intronati persero così la titolarità del teatro ma non la sua proprietà, che continuò fino agli anni Trenta del secolo scorso, quando, di fronte alle richieste di adeguamento della struttura per ragioni di pubblica sicurezza, l´Accademia donò definitivamente il teatro al Comune di Siena.
La ripresa dell’Accademia degli Intronati
Quando l’Accademia riprese il suo antico nome, raccolse in sé gli scopi di varie istituzioni culturali sorte dall’inizio del Novecento, grazie all’iniziativa di Fabio Bargagli Petrucci.
Nel 1903 veniva costituita la Società degli Amici dei Monumenti, poi nel dicembre 1928, l’Istituto Comunale d´Arte e di Storia, con lo scopo di promuovere lo studio delle belle arti e delle discipline storiche attinenti a Siena, alla sua provincia e all´antico stato.
Dopo circa otto anni di attività venne trasformato in Accademia per le Lettere e le Arti, ed eretto in ente morale nel 1937, quindi il 27 giugno 1941, autorizzata a riassumere la denominazione di Accademia senese degli Intronati e il 23 febbraio 1942 quella di Reale Accademia degli Intronati.
Nel gennaio 1945, finita la guerra e caduto il fascismo, l’Accademia riprese la sua attività con un nuovo Consiglio Direttivo presieduto da Carlo Ciampolini, all’epoca anche Sindaco di Siena.
Il 22 febbraio 1946 la seduta inaugurale si svolse a Palazzo Comunale, poiché i locali dell’Accademia erano occupati dalle truppe alleate.
Il 10 luglio 1947 con un decreto del Capo Provvisorio dello Stato, De Nicola, veniva approvato il nuovo Statuto dell’Accademia.
Secondo questa carta statutaria l´Accademia ha lo scopo di promuovere lo studio della storia, della letteratura e delle arti della città, della provincia e dell´antico Stato senese.