Ai nostri occhi può sembrare strano che i trionfi dell’Impero romano venissero attribuiti soprattutto a sette oggetti gelosamente custoditi nei penetrali dei templi dell’Urbe, e che dalla loro presenza si facesse dipendere la durevolezza e l’invincibilità di quel mondo. Eppure, già in epoca regia e, guardando a Costantinopoli, ancora dopo la caduta dell’Urbe, i Romani credevano fermamente che quegli oggetti – doni prodigiosi, testimoni della benevola volontà soprannaturale, reliquie magiche e arcane – fossero i veri fautori dell’ordine e dell’eternità dell’imperium, le sue autentiche e sicure fondamenta. Di quei talismani, e della loro tutela occulta e simbolica, racconta questo libro di Mino Gabriele, che ripercorre storie e leggende, discerne il vero dal falso, riesce a cogliere i significati manifesti e quelli nascosti attraverso l’esame critico delle fonti letterarie e dei riscontri archeologici, ricostruendo così un irripetibile, straordinario patrimonio di miti. E per il lettore, anche grazie alle immagini che arricchiscono il volume, sarà un viaggio appassionante nel mondo sacro degli antichi, dove il credibile e l’incredibile convivevano in sorprendente e ordinaria comunione.
“I Romani furono un popolo di profonda religiosità, di una visione cosmica sacralmente percepita e ordinata nello spazio e nel tempo, in cui “naturale” e “soprannaturale” si coniugavano secondo una continua, recondita metamorfosi. Stabilire e conservare una relazione accorta, timorata, intelligente con il mondo divino fu prioritario per riconoscere e affermare la propria identità culturale, fu la loro cifra materiale e spirituale.
“Consapevoli” dell’impossibilità di racchiudere in un solo nome o in una sola immagine il divino e le sue arcane dinamiche, rispettarono qualsiasi altra concezione del sacro che non fosse la loro, incontrata con l’espandersi dell’imperium”.
Presiede l’incontro il Presidente dell’Accademia degli Intronati, Roberto Barzanti.