Giovedì 10 febbraio alle ore 17.30 nella Sala degli Intronati in Palazzo Patrizi (Via di Città, 75) Michele Pellegrini e Giovanni Minnucci hanno presentato il volume Contro frate Bernardino da Siena. Processi al maestro Amedeo Landi (Milano 1437-1447), a cura di Marina Benedetti e Tiziana Danelli (Milano, Milano University Press, 2021).
Si pubblicano di seguito la sintesi dell’intervento di Giovanni Minnucci e un approfondimento di Roberto Barzanti.
Giovanni Minnucci
Nella Milano postbellica, giungono nelle mani di padre Paolo Sevesi delle fotografie di un processo medievale svoltosi nel 1441. Nel 1952 le consegna al confratello Celestino Piana e nella lettera di accompagnamento raccomanda: «sono 60 cartelle, non me le smarrire, perché temo che l’originale sia stato incendiato. (…) A tempo debito me le restituirai». Rimarranno invece nelle mani di padre Celestino che farà trascorrere qualche decennio prima di valorizzarle con una relazione al simposio internazionale cateriniano-bernardiniano di Siena nel 1980. Le fotografie poi si smarriscono, sebbene P. Piana le avesse riconsegnate, e vengono ritrovate all’inizio di questo secolo da Marina Benedetti insieme ad altra cospicua documentazione che mostra una vicenda che vede protagonista frate Bernardino da Siena e che interseca, addirittura, il suo processo di canonizzazione.
Durante la quaresima del 1437 Bernardino era stato invitato a predicare a Milano. I suoi sermoni sono andati perduti. Rimane l’eco giudiziaria dei processi contro il maestro Amedeo Landi da lui accusato pubblicamente dal pulpito d’eresia. Le accuse sono gravi perché il Landi era stato chiamato a Milano a insegnare abaco, ovvero contabilità ai mercanti che svolgevano le loro attività presso il Broletto cittadino, ed aveva uno stipendio pagato dal comune. Da bravo maestro, oltre che da uomo di cultura umanistica, egli metteva in guardia i propri studenti – quei giovani destinati alle attività mercantili che da lui imparavano l’arte del far di conto – a non farsi ammaliare dalle parole di un famoso predicatore e a non entrare in religione in modo avventato dopo aver ascoltato le sue prediche. La questione centrale infatti verteva sull’arruolamento di nuovi giovani nelle file dell’Osservanza minoritica che a Milano aveva appena fondato un convento. Lo si evince dalle testimonianze rese che la documentazione oggi edita ci consente di conoscere; emergeva, inoltre, che il Landi riteneva sufficiente, per un buon cristiano, dedicarsi alla lettura dei Libri sacri, facere limosinas, mentre metteva in dubbio la validità delle indulgenze e il pagamento delle decime.
Nel 1437 si svolgeva il primo processo che seguiva la procedura della denunciatio evangelica. Al termine il Vicario arcivescovile di Milano ammoniva il Landi, invitandolo a cessare con i suoi comportamenti perché turbativi della pace sociale, acquisendo contestualmente la dichiarazione che, se non avesse aderito a questa correctio, ai sensi della sentenza sarebbe stato opportunamente punito con pene piuttosto gravi. In ogni caso, a titolo di penitenza, al maestro di abaco si imponeva, per un anno, il digiuno ogni venerdì, nonché la partecipazione alla S. Messa in ginocchio e a capo scoperto.
Nel 1441, dopo che Bernardino aveva lasciato Milano, il Landi che, a seguito della conclusione del primo procedimento, era stato fortemente danneggiato sotto il profilo della pubblica fama concretizzatasi in un sostanziale ostracismo nei suoi confronti e della sua famiglia, com’è attestato dalle numerose testimonianze edite nel volume, rivolge al Papa Eugenio IV una petitio per ottenere una vera e propria riabilitazione. Si apre un nuovo procedimento di fronte a Giuseppe Brivio, Delegato della Sede apostolica: un processo che potremmo definire di revisione, in cui vengono ascoltati numerosi testimoni, e che si conclude con la piena assoluzione del maestro di abaco che verrà riconosciuto del tutto innocente «publica vox et fama». Insomma, una vera e propria riabilitazione pubblica.
Dopo questo secondo passaggio processuale, altre inchieste, di cui fa fede la nuova documentazione edita nel volume, saranno svolte nel 1445 e nel 1447. Nel frattempo, poiché il frate senese era deceduto, venivano attivate le inchieste canoniche che porteranno alla sua canonizzazione. Probabilmente – ma per l’appunto si tratta solo di un’ipotesi – le inchieste milanesi di quel triennio costituivano un tentativo di disincentivare l’azione di Amedeo Landi, perché intesa a bloccare il processo di canonizzazione del frate dell’osservanza minoritica, che si concludeva positivamente nel 1450. Non sappiamo altro del maestro d’abaco, protagonista di una vicenda in cui santità ed eresia mostrano dei contorni molto sfumati dal momento che Bernardino accusa di eresia un uomo – ed è questa la ragione dell’intromissione della vicenda di Amedeo Landi nei processi di canonizzazione – che in realtà, alla luce delle risultanze del secondo processo, è sostanzialmente innocente, mentre il religioso senese a sua volta, molti anni addietro, era stato coinvolto in un processo per eresia, nel quale era stato completamente prosciolto, prima di essere proclamato santo.
Roberto Barzanti
San Bernardino (1380-1444) nelle sue lunghissime e focose prediche – potevano durare anche tre ore – non le mandava a dire. Fece parte, da modello esemplare, di quella schiera di predicatori dell’ordine dei frati minori che grifarono la parola evangelica in piazza. Furono iniziatori dell’arte della comunicazione. E il frate senese, nativo di Massa Marittima, fondatore dell’Osservanza era seguitissimo per le sue trovate da funambolo, per un mimica spettacolare, per una icasticità narrativa che non consentiva distrazioni. Non temeva di affrontare questioni politiche che mettevano paura ai governanti o a esplodere in richiami morali evocando punizioni terribili e spettri apocalittici. «Le prediche di Bernardino – ha scritto Massimo Bontempelli – sono teologia solo in quanto la teologia conduce alla morale, e sono morale solo in quanto questa si applica alla vita quotidiana degli uomini». Le critiche all’usura non nascondevano una netta intolleranza contro gli ebrei in genere. Qualche volta erano donne accusate di stregoneria ad avere la peggio. Dura intolleranza ed esaltazione della casta povertà si mischiavano in discorsi costruiti dall’allarmata analisi dei vizi del suo tempo. Ed è questo star dentro alla contingenza che dà oggi ai suoi testi trascritto dal vivo un sapore anacronistico e uno impagabile vivacità novellistica e aneddotica.
Un sintomatico episodio della sua presenza torna alla ribalta in un libro affascinante come un giallo curato da Marina Benedetti e Tiziana Danelli che sarà presentato giovedì 10 febbraio nella sala dell’Accademia degli Intronati (alle 17, 30, Palazzo Patrizi, Via di Città 75). Michele Pellegrini e Giovanni Minnucci illustreranno il volume Contro frate Bernardino da Siena. Processi al maestro Amedeo Landi (Milano 1437-1447 (Milano, Milano University Press). Durante la quaresima del 1437 Bernardino era stato invitato a predicare a Milano. I suoi sermoni sono andati perduti, ma resta l’eco giudiziaria dei processi contro il maestro d’abaco Amedeo Landi, che Bernardino aveva pubblicamente accusato dal pulpito d’eresia. Il Landi che insegnava a tenere i conti ai mercanti in ascesa diffidava i propri studenti dal farsi ammaliare dalle parole dell’accattivante predicatore: egli sosteneva – risulta dalle carte processuali ritrovate in fotocopie dopo incredibili peripezie – che per un essere un buon cristiano era sufficiente dedicarsi alla lettura dei Libri sacri, elargire elemosine fare elemosine, ma non importava entrare in Chiesa e partecipare alla Santa Messa. Metteva in dubbio anche la validità delle indulgenze e la necessità di pagare le decime. Tesi che sembrano anticipare alcune tematiche della Riforma di Lutero. Sicché subito dopo la Pasqua del 1437 si svolgono i primi interrogatori dell’Inquisizione milanese e contro il maestro d’abaco l’autorità ecclesiastica ammonisce il Landi, invitandolo a cessare con i suoi comportamenti perché turbativi della pace sociale, contestualmente prefigurando la possibilità che, se non avesse aderito alla “correzione” delle sue parole sarebbe incorso nella scomunica e in pene pecuniarie, nonché nella confisca dei beni e nell’esilio da Milano. Landi se la cavò con sanzioni leggere ma nocive al suo lavoro. Tra l’atro fu obbligato a partecipare alla Messa in ginocchio e a capo scoperto, come segno delle sua condizione di penitente. Dopo che Bernardino aveva, nel 1441, lasciato Milano, Landi ottenne una vera e propria riabilitazione a seguito di un processo del quale oggi conosciamo tutte le sue fasi grazie all’edizione del volume. Dopo questa revisione, altre inchieste saranno svolte nel 1445 e nel 1447. Nel frattempo, il frate senese era morto e vengono attivate le inchieste che porteranno alla sua canonizzazione. Probabilmente le inchieste milanesi del 1445 e 1447 sono un tentativo di disincentivare l’azione di Amedeo Landi tesa a bloccare il processo di canonizzazione che giunse a felice conclusione nel 1450, allorché Bernardino fu proclamato santo da papa Niccolò V. Molto anni addietro anche Bernardino era stato coinvolto in un processo di eresia. Non è improbabile che l’assoluzione del Landi dall’accusa di eresia abbia sbloccato la parallela procedura di canonizzazione di Bernardino. Il confine tra santità e eresia era labile più di quanto si pensi.